1. Situazione attuale
La pandemia connessa al COVID-19 oltre che rappresentare una grave tragedia per la salute e il sistema sanitario, sta creando una serie di importanti conseguenze economiche e sociali. Non da ultimo le misure eccezionali e straordinarie intraprese dalle autorità cantonali e federali pongono anche dei quesiti non indifferenti di natura giuridica.
In particolare, il Consiglio di Stato ticinese (in seguito CdS) con risoluzione no. 1262 dell’11 marzo 2020 ha dichiarato lo stato di necessità in tutto il Cantone e di conseguenza ha ordinato la chiusura dal 12 marzo dei luoghi di intrattenimento (segnatamente: cinema, teatri, musei, centri giovanili, centri sportivi, centri fitness, piscine, centri wellness, impianti di risalita, discoteche, piano bar, locali notturni, locali erotici).
Con successiva risoluzione no. 1298 del 14 marzo 2020 il CdS, a far tempo dal 15 marzo 2020, ha in seguito disposto la chiusura generalizzata di tutti gli esercizi della ristorazione (fra cui i ristoranti, i pub, le gelaterie, gli agriturismi, í rifugi e le capanne, le mescite aperte saltuariamente, i bar, compresi quelli annessi alle pasticcerie, alle stazioni di servizio e ferroviarie, agli alberghi e ai campeggi). Il CdS ha inoltre ordinato che devono altresì rimanere chiusi al pubblico tutti i negozi e i mercati a esclusione di: punti vendita di generi alimentari e di prima necessità nonché i punti vendita di articoli medici e sanitari, farmacie e drogherie, chioschi, stazioni di servizio per l’approvvigionamento dei veicoli con carburante.
Il Consiglio Federale (in seguito CF) in data 16 marzo 2020 ha decretato che dal medesimo giorno vige in tutta la Svizzera una situazione straordinaria ai sensi della Legge sulle epidemie. Di conseguenza, il CF fondandosi sull’art. 6 dell’Ordinanza 2 COVID-19, a far tempo dal 17 marzo 2020, ha, tra gli altri, disposto la chiusura di tutti i negozi, i mercati, i ristoranti, i bar e le strutture ricreative e per il tempo libero, come musei, biblioteche, sale cinematografiche, sale per concerti, teatri, centri sportivi, piscine e stazioni sciistiche. Sempre dalla medesima data sono stati inoltre chiusi gli esercizi nei quali non può essere mantenuta la distanza reciproca di sicurezza, quali i saloni di parrucchieri e i centri estetici.
Per i settori del commercio al dettaglio e dei servizi sono stati previsti degli allentamenti dal 27 aprile 2020 a condizione che le norme igieniche accresciute siano garantite. In particolare è stata prevista una riapertura dei centri commerciali del fai da te, negozi di giardinaggio e fiorai, parrucchieri, saloni di massaggio, studi di tatuaggio, centri estetici, solarium e impianti di autolavaggio. Anche gli interventi ambulatoriali non urgenti saranno nuovamente permessi. In tale contesto p. es. potranno riprendere ad esercitare presso i propri studi i medici, i dentisti, i fisioterapisti e i massaggiatori medicali.
Nella sua seduta del 29 aprile 2020, il CF ha deciso di allentare ulteriormente i provvedimenti per combattere il nuovo coronavirus. Da lunedì 11 maggio 2020 potranno riaprire i negozi, i ristoranti, i mercati, i musei e le biblioteche. I ristoratori dovranno tuttavia rispettare severe misure igieniche; saranno infatti ammesse solo quattro persone per tavolo e dovrà essere garantita la distanza di due metri tra i tavoli oppure applicate delle separazioni fisiche. Il CF deciderà in merito ad ulteriori allentamenti nella seduta del 27 maggio 2020.
Si prevede inoltre che dall’8 giugno 2020 possa iniziare la cosiddetta “fase 3” con la riapertura di tutte le attività.
In tale difficile contesto, l’interruzione forzata di molte attività commerciali comporta in particolare per i loro titolari/conduttori, oltre che per i dipendenti, delle conseguenze economiche non indifferenti.
A seguito delle disposizioni delle Autorità poi si pongono una serie di quesiti in particolare sui contratti di locazione per i locali commerciali.
2. Modifiche legislative
Il CF, in ragione della sicurezza del diritto, non ha disposto alcuna sospensione dei termini di diritto materiale, in particolare di quelli riguardanti le disposizioni a tutela del conduttore previsti nel Codice delle Obbligazioni (in seguito CO).
Con l’Ordinanza COVID-19 locazione e affitto, entrata in vigore il 28 marzo 2020 e valida fino al 31 maggio 2020, è stato in particolare decretato che il termine fissato dal locatore nella diffida per mora ex art 257d cpv. 1 CO deve essere di almeno 90 giorni per i canoni e acconti spese scaduti tra il 13 marzo 2020 e il 31 maggio 2020. La mora dev’essere tuttavia riconducibile ad un provvedimento emanato dal CF. Nel corso del mese di maggio 2020, il parlamento ha bocciato una mozione che chiedeva un’estensione temporale della validità dell’Ordinanza COVID-19 locazione e affitto fino al 13 settembre 2020.
Da tale ordinanza non traspare con chiarezza se il conduttore dev’essere toccato direttamente da una misura oppure se è sufficiente che la mora sia causata anche in via indiretta dai provvedimenti (p. es. un conduttore, titolare di un esercizio pubblico, che si trova in difficoltà con il pagamento del canone locativo della propria abitazione privata). Su tale aspetto si raccomanda prudenza: per tutti i canoni locativi e acconti spese (sia per locali commerciali e abitativi) non corrisposti e scaduti nel lasso temporale previsto dall’ordinanza, è opportuno che nella diffida per mora ai sensi dell’art. 257d CO, il locatore fissi un termine di 90 giorni per il pagamento degli stessi. Infatti, in termini generali, la conseguenza di una diffida per mora con un termine inferiore a quello previsto secondo il CO potrebbe essere la nullità della diffida stessa. Tale risultato potrebbe essere applicato ed esteso dai tribunali anche ai termini di pagamento che non risultano conformi all’Ordinanza COVID-19 locazione e affitto.
Va infine indicato che il CF ha inizialmente stanziato 20 mia di franchi a titolo di garanzia nella forma della fidejussione per la concessione rapida e semplice di crediti bancari alle PMI (incluse ditte individuali, società di persone e persone giuridiche). Tale importo è stato raddoppiato a 40 mia di franchi nella seduta del CF del 3 aprile 2020. In concreto, fino al 31 luglio 2020, le aziende possono richiedere alla propria banca dei crediti transitori corrispondenti al massimo al 10% della loro cifra d’affari per una durata di 5 anni e con un tasso di interesse pari allo 0%. Il conduttore di locali commerciali (il cui statuto giuridico sia quello di un’impresa individuale, di una società di persone o di qualsiasi altra persona giuridica) che ne adempie i requisiti dovrebbe dunque farsi parte diligente per ottenere la liquidità necessaria per far fronte ai pagamenti correnti, inclusa anche la pigione.
3. Discussioni in corso e possibili soluzioni politiche
Uno dei temi attualmente più dibattuti è quello riferito alla riduzione della pigione per i locali commerciali toccati dalle misure di chiusura (parziale) emanate dalle Autorità.
Le rispettive associazioni di categoria hanno emanato delle linee guida che, in particolare sulla riduzione della pigione in caso di obbligo di chiusura dell’attività commerciale, risultano agli opposti.
Il 24 marzo 2020 il CF ha indetto una task force coinvolgendo tutte le associazioni di categoria al fine di chiarire la situazione e adottare le misure necessarie. L’8 aprile 2020 il CF si è occupato della situazione relativa alle pigioni dei locali commerciali e ha indicato espressamente di non voler intervenire nei rapporti di diritto privato tra i locatori e i conduttori. Il CF ha tuttavia esortato tutti gli attori coinvolti a voler trovare delle soluzioni pragmatiche e costruttive.
Nella seduta del 21 aprile 2020 la Commissione dell’economia e dei tributi del Consiglio nazionale (CET-N) ha depositato una mozione all’attenzione del CF affinché sia previsto che le pigioni dovute dai gestori di ristoranti e di altre strutture durante il periodo di chiusura previsto dell'art. 6 cpv. 2 dell'ordinanza 2 COVID 19 sia limitata, in linea di principio, al 30 %. Inoltre, la CET-N ha chiesto al CF di valutare se si possa istituire un fondo pari a 20 mio. di franchi per casi di rigore destinato ai locatori. Il CF ha proposto di respingere la mozione. In data 6 maggio 2020 il Consiglio degli stati ha adottato la mozione con le seguenti modifiche: il CF è stato incaricato di adottare tutte le misure necessarie affinché le aziende e gli indipendenti di tutti i settori, la cui pigione lorda mensile non superi CHF 8'000.-, possano beneficiare di una riduzione complessiva di CHF 5'000.- per due mensilità. Per poter beneficiare di tale riduzione, il conduttore deve essere stato oggetto di una misura di chiusura ordinata sulla base dell’art. 6 cpv. 2 dell’Ordinanza 2 COVID-19. Il CF è stato altresì incaricato di valutare la creazione del menzionato fondo per i casi di rigore. In ogni caso le misure che saranno ordinate non andranno a ledere la validità degli accordi privati intrapresi tra il conduttore e il locatore. Tuttavia a riguardo tra le Camere federali non è stata trovata una soluzione unanime e la questione sarà trattata nuovamente nella sessione di giugno 2020.
La città di Lugano ha dichiarato di rinunciare temporaneamente all’incasso delle pigioni dei locali commerciali colpiti dalla serranda. Anche i Comuni di Mendrisio e Chiasso hanno deciso di far sospendere il pagamento delle pigioni per i locali commerciali di aprile e maggio 2020 per gli stabili di loro proprietà.
Nel Canton Ticino, a seguito di una mozione presentata ad aprile 2020, è inoltre attualmente oggetto di discussione l’applicazione del modello del Canton Vaud. Il Consiglio di Stato vodese ha infatti costituito un aiuto a fondo perso per l’importo di complessivi 20 mio di franchi. Tale modello prevede che il Cantone si faccia carico di un quarto della pigione netta di maggio e giugno 2020 dei commercianti e ristoratori, la cui attività è stata parzialmente o completamente interrotta, a condizione che il locatore rinunci al 50% della pigione netta durante detto periodo. Possono beneficiare di tale aiuto i commercianti, con un contratto di locazione che prevede una pigione mensile netta massima di 3'500.- franchi, e i ristoratori con un canone locativo mensile netto massimo di 5’000.- franchi. Nella misura in cui il locatore, tramite convenzione scritta, ha concesso al conduttore il 50% di riduzione del canone per i mesi di maggio e giugno 2020, il Cantone procederà al versamento a favore del locatore di un quarto della pigione per un importo complessivo massimo di CHF 2'500.- franchi.
A mente dello scrivente la soluzione vodese potrebbe costituire una soluzione ottimale anche nel Canton Ticino, nella misura in cui conduttori a beneficio di tale misura dovranno corrispondere un quarto della pigione e il locatore, con l’intervento statale, riceverà metà della pigione. Questo ulteriore aiuto cantonale, a fianco di quelli già promossi a livello federale, potrebbe permettere di tamponare dei fallimenti di molti commercianti e ristoratori pesantemente colpiti dalle misure di sospensione delle attività e potrebbero preservare di conseguenza i contratti di locazione in essere senza aggravare ulteriormente il mercato degli sfitti dei locali commerciali già sotto pressione. A seguito della riapertura dei ristoranti e negozi dell’11 maggio 2020, un eventuale sostegno potrebbe essere applicato retroattivamente.
4. Considerazioni giuridiche
L’attuale situazione di emergenza dovuta al COVID-19 porta ad una serie di incertezze di natura giuridica a cui nel presente contributo, a titolo non esaustivo, si cercherà di dare una risposta.
Innanzitutto va indicato che i contratti di locazione sono validi e non possono essere ritenuti rescissi a causa della pandemia. Gli obblighi e doveri del locatore e del conduttore permangono. Ciò vale sia per i contratti di locazione commerciali che abitativi.
Una delle questioni più spinose è sapere se i conduttori colpiti dall’obbligo di chiusura dell’attività commerciale devono continuare a corrispondere le pigioni, rispettivamente possono chiedere una riduzione del canone locativo. A mente di chi scrive non vi è una giurisprudenza analoga applicabile alla situazione odierna.
L’ente locato, a mio giudizio, non presenta propriamente un difetto dell’ente locato medesimo. Con un contratto di locazione, il locatore infatti si impegna, dietro corrispettivo, a mettere a disposizione del conduttore un ente locato in uno stato idoneo all’uso e di mantenerlo in tal senso. Dunque gli spazi locati devono essere fruibili secondo le caratteristiche pattuite contrattualmente, in particolare secondo lo scopo previsto per i locali. Nella misura in cui il conduttore non può utilizzare l’ente locato a seguito di una misura imposta dall’Autorità, tale condizione non può essere riconducibile ad un difetto bensì, piuttosto, all’attività stessa esercitata dal conduttore. A ciò si aggiunga che nella misura in cui il locatore è tenuto a fornire dei locali idonei allo scopo, eventuali autorizzazioni necessarie per il suo esercizio sono per contro, in genere, a carico del conduttore le cui conseguenze – anche per un’interruzione forzata delle attività – sono anche a suo carico.
Le misure imposte dalle Autorità non possono pertanto essere imputabili ad un cattivo adempimento del contratto da parte del locatore.
Un risarcimento per danni a carico del locatore è pure escluso nella misura in cui a quest’ultimo non è imputabile alcuna colpa per le misure poste in essere. Neppure dall’Ordinanza COVID-19 locazione e affitto si può desumere che i provvedimenti emessi dal CF sono da ritenere un difetto all’ente locato. Piuttosto dall’Ordinanza menzionata si può ritenere che anche a seguito della chiusura imposta dall’Autorità la pigione è dovuta nella sua integralità; in caso di mancato pagamento del canone locativo, la diffida dovrà prevedere un periodo di pagamento più lungo.
In conclusione, a mente di chi scrive, la chiusura delle attività imposta dall’Autorità non costituisce un difetto all’ente locato e dunque, su tale base, il conduttore non ha diritto ad una riduzione del canone locativo.
Di conseguenza anche un deposito delle pigioni ai sensi dell’art. 259g CO risulta escluso, ciò anche in ragione del fatto che in ogni caso il locatore non può eliminare il difetto, sempre si possa definire tale.
Si pone in seguito il quesito a sapere se un “lockdown” possa costituire un motivo per una disdetta per motivi gravi. Secondo l’art. 266g cpv. 1 CO, ciascuna delle parti può, per motivi gravi che rendano incomportabile l’adempimento del contratto, dare la disdetta osservando il termine legale di preavviso per una scadenza qualsiasi. A mente dello scrivente, in particolare in ragione del fatto che le misure più incisive, seppur importanti, non dovrebbero verosimilmente perdurare per un lungo periodo, è dubbia la facoltà del conduttore di appellarsi validamente all’art. 266g CO per disdire il contratto di locazione. Va anche indicato che, per i locali commerciali, il preavviso di disdetta per motivi gravi è di sei mesi per una scadenza qualsiasi. Dunque tale disposto, nel caso concreto, appare di principio privo di interesse pratico.
Va infine osservato che i tribunali avranno sicuramente modo di chinarsi sull’obbligo del pagamento delle pigioni dei locali commerciali a seguito delle disposizioni statali. A determinate condizioni il Giudice può eccezionalmente modificare un contratto tra le parti nella misura in cui, successivamente alla sua sottoscrizione, le circostanze si sono modificate in modo oggettivamente imprevedibile e inevitabile, causando una grave ed evidente perturbazione dell’equivalenza delle prestazioni originariamente pattuite. Si tratta della cosiddetta clausola rebus sic stantibus la cui applicabilità nell’ambito della locazione è controversa. Infatti, il legislatore ha esplicitamente previsto una norma speciale, ossia la disdetta per motivi gravi, che escluderebbe, di principio, l’applicazione del principio generale della clausola rebus sic stantibus. Ad ogni modo, esaminate tutte le particolarità del caso specifico, un tribunale – in via eccezionale – potrebbe in conclusione modificare le prestazioni dovute dal conduttore, ovvero ridurre il canone locativo per un determinato importo e per un determinato periodo.
5. Possibili soluzioni contrattuali e conclusioni
Con la riserva di un aiuto statale, appare opportuno che le parti in causa si adoperino per trovare una soluzione per questa situazione eccezionale. In tal senso, il locatore e il conduttore possono, sulla base delle specifiche esigenze, per esempio concordare per iscritto una convenzione che regoli:
La situazione di emergenza attuale - a maggior ragione unita alla mancanza di una giurisprudenza sulle tematiche toccate nel presente contributo - richiede un dialogo costruttivo tra i locatori e i conduttori coinvolti al fine trovare una soluzione pratica e di buon senso. Un’ulteriore, tempestiva misura di aiuto dello Stato, su ispirazione del modello vodese, potrebbe agevolare degli accordi tra i proprietari e i loro conduttori per taluni enti locati. E ciò con l’obbiettivo di limitare, almeno in parte, i fallimenti di piccole e medie attività commerciali nonché della ristorazione senza ribaltare tutti gli oneri al locatore ed evitare che il mercato immobiliare si veda confrontato con ulteriori spazi commerciali sfitti.
Avv. Patrick Fini